Cap1y1
Scompa1
Trinità
Kuppel
Kleci1
SantAndrea
Oznanjenje
Curule
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L'attuale palazzo vescovile, costruito dal commerciante portoghese Antonio Vicco (fine del XVIII secolo), divenne sede poco dopo il 1830 della Diocesi di Trieste (allora divenuta Diocesi di Trieste e Capodistria). Non accolse opere importanti o modifiche significative sino al 1913, quando il vescovo in carica Andrej Karlin diede l'incarico all'architetto emergente Ivan Vurnik di rinnovare la cappella interna alla sede vescovile, concependo un'opera di alto pregio artistico soprattutto nel presbiterio.

Ivan Vurnik, discendente da due generazioni di scultori su pietra, dalla cittadina carniolina Radovljica si trasferì a Vienna per completare gli studi in architettura, giungendo in quel periodo a frequentare l'esclusiva Wagnerschule, grazie alla segnalazione del maestro e amico architetto Maks Fabiani (1911-1913). Il suo primo lavoro autonomo di un intero spazio architettonico è proprio la cappella Ss. Trinità a Trieste, che al momento del suo intervento era dedicata alla Madonna Addolorata, come testimonia il quadro, a olio su tela, che la raffigura affranta ai piedi del Calvario, recante in mano la corona di spine, i chiodi e il talit da rabbino del Figlio, opera del primo decennio del XX secolo di Eugenio Scomparini. Dell'ambiente sono state mantenute anche le colonne e i capitelli che, essendo improponibile sostituire, la committenza fece indorare, in modo che la diversità linguistica col rinnovamento seguente del 1914 almeno non risulta troppo evidente.

Il primo impatto visivo della rappresentazione principale del presbiterio, Dio Padre, il Figlio crocifisso e la colomba dello Spirito Santo, riconduce alla produzione secessionista viennese, in virtù dell'impostazione razionalmente geometrica della scena, accompagnata e inquadrata da due coppie angeliche, l'una eterea all'ordine superiore, l'altra genuflessa in afflizione sull'altare del sacrificio, il tabernacolo. Si presentano quasi sculture architettoniche - i busti dei cherubi in alto come paraste - inamidate nelle forme pur nella loro carica espressiva, ove le ali fungono da pretesto per configurazioni decorative circolari. È in sostanza il cerchio il motivo conduttore, anche del supporto del Crocifisso, che nella dichiarata razionalità dell'impianto ci appare come riprodotto dall'Uomo vitruviano.

La stesura dei patterns decorativi denota un'insospettabile padronanza del giovane Vurnik della lingua secessionista, che nella fusione armonica degli elementi volumetrici condotta dalla trama tessile, dimostra non solo la conoscenza scontata dei fondamenti wagneriani, ma ancor più delle antecedenti teorie di Gottfried Semper, con particolare riguardo all'ideale sviluppo organico della decorazione assieme all'architettura su cui si applica. Indizio quanto mai eloquente ne è la cupola, che nella sua levità quasi emulatrice dell'illustre cupola di S. Sofia a Costantinopoli, con le sue irregolari tessere ceramiche sembra tradurre in concreto la lezione semperiana dei moduli architettonici derivati dalle cosiddette arti applicate, cosí come semperiana è la simbiosi tra funzione tettonica e decorazione, interpretata eccellentemente dalle rosette, che al pari di teste di viti fissano illusionisticamente la vela sferica, in modo che non ci sfugga librandosi nell'etere.

Con tutta probabilità un contributo decisivo al raggiungimento di un tal livello figurativo in un'opera architettonica si deve ascrivere alla pittrice viennese Helena Kottler, sposata da Ivan Vurnik appena nel 1913. A lei il vescovo Andrej Karlin commissionò alcune scene della vita di Gesù Cristo, che erano previste nelle cornici rettangolari all'ordine superiore della navata; cioè: la Nascita (Adorazione dei Magi), Il Mattino di Pasqua (Le donne al Sepolcro) e Gesù in giudizio. Non furono mai realizzate, ma i loro bozzetti sono conservati alla Narodna Galerija a Lubiana. Tuttavia già i suoi quattro Evangelisti delle portelle del tabernacolo, messi in opera dalla Ditta Ivan Kregar di Lubiana, denotano una stretta parentela con la raffigurazione scultoria del presbiterio, realizzata dal compaesano di Vurnik, Jo_ef Pavlin. Ancora più eloquente si dimostra il valore del contrubuto di Helena Kottler con altri due quadri, consegnati alla Diocesi di Trieste e Capodistria nel 1915. Uno è L'adorazione della Croce di Sant'Andrea, in pratica un ritratto, barbato, del vescovo Karlin. Χαίροις ω Σταυρέ, ο εν τω Σώματι του Χριστού·εγκαινισθείς·και εκ των μελών αυτού ωσεί μαργαρίταις·κοσμηθείς. (Salve, o Croce, inaugurata per mezzo del corpo di Cristo e divenuta adorna delle sue membra, come fossero perle preziose). Sono i primi versi della Passione di Sant'Andrea, un testo del VI secolo, che a mo' di aureola corrono attorno al capo del santo. In questo, come nell'altro quadro dell'autrice, L'Annunciazione a Maria, la sintassi è concepita su due livelli: descrizione tridimensionale dei volti e delle parti anatomiche impeccabilmente congiunta col panneggio, superficiale ma al contempo ondulato e variegato, che nell'angelo annunziante si astrae e svanisce nel registro inferiore. Vale a dire la stessa concezione della scena del presbiterio.

Altri indizi di tale proficua collaborazione si incontrano ancora nella decorazione di due oggetti liturgici, un inginocchiatoio e una sedia curule, ripresa dalla sede vescovile - al lato sinistro del presbiterio - e dai capitelli dorati.

CAPPELLA VESCOVILE Ss. TRINITÀ DI
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