Carlo Sbisà (Trieste, 1899 - 1964) cominciò a dedicarsi alla scultura dal secondo dopoguerra, utilizzando la ceramica, la terracotta e il bronzo, sviluppando nella materia un'espressività astratta, che nelle opere figurative sacre reca a forme anatomiche trattenute da asciutti perimetri lineari, il cui andamento pervade anche il loro interno. In tal modo i soggetti agiscono tra il corredo geometrico calligrafico e la tensione ingabbiata, che suggestivamente vorrebbe - ma non può - esternarsi pienamente.
È quanto si può ammirare nella Via Crucis in terracotta esposta nella chiesa Nostra Signora di Lourdes, realizzata dal maestro nel 1954.
Il Sant'Andrea nella cappella del porto nuovo è del 1960 e si esprime con pacata cordialità, tendendo la mano come nell'atto di accettare la chiamata di Gesù Cristo, divenendo a breve pescatore di uomini.
Ancora in terracotta è il gruppo scultorio con San Raffaele arcangelo, databile al 1960, l'anno della consacrazione della cappella omonima alla Stazione Centrale ferroviaria di Trieste. In misura ancora maggiore rispetto alla Via Crucis si coglie la rappresentazione della scena entro i confini imposti dal rigore geometrizzante.