capitello
Costantinopoli. S. Irene (536)
Costantinopoli. S. Sofia (558)
Mren. Cattedrale (prima metà del
HSophia
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Mren2
Cristina
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Echmiatsin
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Dvin. S. Gregorio Illuminatore (606-621)
 Ečmiacin. Chiesa patriarcale (a
capitello
cupola

Tema dominante dell’architettura greco-bizantina, la dissimulazione grafica dei carichi statici, inizia a essere vitale sin dall’età giustinianea, quando l’incredibile realizzazione di S. Sofia del 558 riesce a illudere di levitare letteralmente nel vuoto; financo nel corredo scultorio, coi suoi capitelli finemente traforati al pari di trine.

Pur senza riuscire a ottenere un pari miracolo, già nel 536 la basilica costantinopolitana di S. Irene inaugura sul piano modulare il fondamento di levità, caratterizzante l’architettura bizantina. Infatti l’inserimento del modulo cupolato, originariamente centrale, in un impianto longitudinale, oltre ad aumentare la cubatura, produce comunque un alleggerimento percettivo, grazie alla perdita di rilievo della copertura principale e della separazione tra navate.

Una procedura che gli architetti armenti acquisirono sin da subito, dapprima modificando impianti longitudinali preesistenti, quindi riproducendo anche progettualmente piante piuttosto allargate, idonee a innestare una cupola.

Non si può dire però che nel repertorio armeno le masse subiscano una vera e propria dissimulazione. Le zone di carico sono piuttosto evidenziate con accorgimenti rientranti semmai nella categoria decorativa. Questa sorta di calligrafismo architettonico armeno non si limita alle linee di forza dei settori cupolati, si profonde nei vani circostanti, come accade nelle basiliche trinavate, quali la cattedrale di Mren (entro la prima metà del VII secolo), e fisiologicamente si esalta nella scultura architettonica: capitelli, profilature di finestre e portali in primis.

Una tale inclinazione si manifesta a pieno nella chiesa a ottacora S. Hripsime a Ečmiacin (Vagharshapat) (primo quarto del VII secolo). Si comincia dalle trombe angolari della cupola, staticamente superflue ma didascalicamente essenziali – come verrà riproposto a livello pittorico nel battistero di Concordia (fine/inizio dell’XI secolo); a scendere con le nervature dei pilastri che la sostengono. L’impianto qui descritto è una delle tipiche invenzioni armene, la cui filosofia nondimeno si manifesta anche nelle chiese cupolate longitudinali, come nelle arcate ad anello di S. Gregorio Illuminatore a Dvin (606-621).

Di come il modulo cupolato s’imponga nella progettualità armena, è segnale evidente la pratica diffusa di trasformare edifici trinavati a pianta accorciata in strutture apparentemente centrali. È il caso della chiesa patriarcale a Ečmiacin (Vagharshapat), che rispetto all’originale del V secolo accoglie prima una cupola lignea (484-486), poi litica, e successivamente tre esedre estroflesse sui tre lati in antecedenza privi di abside. La visione d’interno documenta l’ambiguità delle zone dell’ambiente, in sostanza privo di un vero e proprio punto di gravitazione.

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Ečmiacin. S. Hripsime (primo quarto
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