Dai sistemi amplificanti i prospetti, del tipo siriaco a due torri come a Qalbloze o a Turmanin, si ha nel corso del IX secolo una particolare interpretazione in area dalmata, ove un numero significativo di chiese presentano pronai prolungati con massiccia torre centrale, fenomeno ben rappresentato dalla chiesa Sv. Spas a Cetina (IX secolo), configurazione rivista due secoli dopo a Valle in Istria, con la cappella S. Elia, dove un'imponente torre campanaria domina la restante struttura.
A Montecassino l'abate Atenolfo (1011-1022) sembra aver adottato, nella versione della chiesa abbaziale da lui sovrintesa, una torre campanaria centrale in piena linea col Westwerk di tipo ottoniano, la cui sintassi potè essere recepita durante una permanenza dell'abate ultra montes, mentre regnava Ottone II (973-983). La facies definitiva e ufficiale dell'abate Desiderio (1071) compie una decisa inversione culturale e sostituisce al Westwerk un classico portico senza corpi verticalizzanti, riservando invece alla zona presbiteriale, quindi nel settore Est, l'amplificazione tramite un corpo trasversale.
Tale modulo ritorna puntuale a Sesto al Reghena (ultimo terzo dell'XI secolo), ove la fedeltà a Montecassino pare completata dal portico a Ovest. Ma in realtà la chiesa abbaziale sestense aderisce alla cultura romanica europea, di cui chiari indizi sono lo schiacciamento ottico del naos verso il coro sopraelevato, un vero e proprio Ostwerk; cosí come la divisione tra navate a colonne e pilastri alternati, reminiscenza siriaca, ma soprattutto chiara citazione del modello presente in St. Michael a Hildesheim (primo quarto dell'XI secolo). Quivi si attua la completa polarizzazione tra corpo orientale, un Querraum con scarsa sporgenza laterale, e soprattutto il corpo occidentale, o Westwerk. Non è del tutto vero poi che il Romanico europeo latiti nel settore occidentale di Sesto al Reghena, dove nel contesto di fedeltà al codice cassinese appare a metà altezza della facciata una bifora – oggi visibile solo dall’interno – che puntualmente ne cita una identica della basilica di Aquileia, già presente dall’inizio del IX secolo.
In quest’epoca, ancora precoce per gli esiti romanici, l’edificio di culto patriarcale si muove verso uno sviluppo della fondazione di età cromaziana (fine-inizio del IV secolo), inaugurando al contempo moduli caratteristici della futura progettualità. Oltre alla morfologia della cripta, assieme all’abbazia di Fulda decisamente all’avanguardia, è utile ricostruire la trasformazione del settore occidentale, dove sorse un Westwerk non molto pronunciato in altezza, costituente una sorta di prolungamento rispetto all’antistante Chiesa dei Pagani, con funzione propria di ospitare le personalità del potere temporale. Viene qui proposta per la prima volta la già citata bifora, che in tal modo collegava il corpo con la basilica. Oggi la si può vedere dall’esterno, essendo stata liberata dal Westwerk. Ma per ironia del destino è possibile al contempo rivivere la situazione originaria di Aquileia nell’odierna abbazia di Sesto al Reghena, dove nel corso del XIV secolo il portico è stato inglobato da un corpo di fabbrica a due ordini, nel superiore dei quali il salone che è stato realizzato comunica con la chiesa proprio attraverso la bifora di modello aquileiese. Un’ennesima citazione puntuale di questa rifinitura è presente nella facciata di S. Maria Assunta a Muggia Vecchia, la cui prima facies è databile al X secolo.